Firenze - dal popolo le cattedrali |
La
seconda: un azzeramento incondizionato legato esclusivamente al pregiudizio con
successiva occupazione degli spazi lasciati vuoti da parte di avventurieri
incompetenti e arrivisti non certo mediamente più onesti degli azzerati, usando
come unico criterio "nuovo è bello e onesto per definizione e vecchio è brutto
e disonesto per definizione”.
Purtroppo
abbiamo percorso la seconda strada, più facile che non richiedeva la dote del
discernimento. Eccone i frutti. Si è scelto di fare a meno di parte
importante di una classe politica fatta di amministratori di piccoli e medi
comuni che facevano della loro passione e competenza politica la ricchezza
sociale dei loro territori e contribuivano a fare crescere giovani leve di
amministratori appassionati e competenti che andava di pari passo con la
crescita culturale ed intellettuale delle nuove generazioni con il vantaggio di
offrire modelli di riferimento veramente virtuosi. Io stesso da giovane
ventenne consigliere comunale ho avuto la fortuna di avere dei modelli di
amministratori di diversa appartenenza politica: democristiani, socialisti,
comunisti, liberali ecc... i quali mi hanno insegnato a capire i bisogni e
cercare insieme le risposte, a battermi duramente per degli obbiettivi, a fare
dure battaglie politiche tra di noi ma poi giudicare la realtà senza pregiudizio,
ad essere capace di tornare sui miei passi con dignità riconosciuta
all'avversario e dall'avversario politico. Nessun insulto solo politica con la
P maiuscola anche se di provincia. Ci mettevamo del nostro anche economicamente
senza chiedere nulla, ci bastava sapere che era giusto e le tradizioni
culturali e politiche da cui venivamo ci sostenevano. Ho smesso presto perché
sono arrivati i "nuovi" e mi sono guardato bene, lì credo di aver
sbagliato, dall'essere di intralcio al nuovo che avanzava dirompente pieno di
certezze e di promesse. Ovviamente qualche parte politica si è distinta
maggiormente in questo carosello misto di ipocrisia e demagogia facile, ma da
tutte le parti il fenomeno si è manifestato in buona misura. Io che ho
sempre creduto che la politica fosse veramente un servizio, lo dico con un po'
di pudore, quasi imbarazzo alla luce di ciò che sta accadendo, faccio fatica a
spiegare ai mie quattro figli che non è giusto rincorrere giudizi demagogici e
populisti ma che valga ancora la pena di credere che si può risalire, anche
perché abbiamo veramente toccato il fondo, faccio fatica a indicare a loro una
strada. Mi viene però un sussulto di orgoglio, quasi voglia di fare appello a
quelli che allora ci credevano e hanno smesso per lasciare il posto a quel
"nuovo che avanzava" e si sono messi da parte, un appello a
rimettersi in gioco e a dare speranza ai nostri figli. Ma subito dopo mi viene
quasi una sorta di rassegnazione e non riesco a trovare la via di uscita,
ma chi oggi è capace di mettere insieme questa gente? Chi può ricostruire un
popolo non rassegnato? Chi è il riferimento per questo desiderio di mettersi in
gioco senza ambizioni di successo, di notorietà, senza il solo gusto di
emergere e di notorietà?
Anche
questo è un servizio alla Chiesa. Il Card. Bagnasco ci ha detto in questi
giorni alcune cose su cui lavorare, anche se, spesso, proprio noi cattolici
siamo più avvezzi a seguire le sollecitazioni dei populisti di turno piuttosto
che prendere in mano ciò che ci viene dalla Chiesa e fare un serio lavoro come
laici autonomi che rendono, nel servire la Chiesa un servizio al proprio
paese. Non meno pericoloso in questi ultimi anni è stato l’atteggiamento
della grande finanza che ha favorito l’arricchimento di pochi speculatori
rispetto alla crescita dei popoli. Il presidente della CEI ha detto ai Vescovi
e quindi al suo popolo: ”È vero, in questa stagione sembriamo capitati
in un vicolo cieco, costretti a subire la supremazia arbitraria della finanza
rispetto alla vitalità civile e culturale o, detto in altro modo, rispetto ad
un umanesimo sociale che è la cifra della nostra cultura. Per talune componenti
di potere, il Vangelo avrebbe addirittura qualche responsabilità per la
situazione in cui si è; e non avrebbe comunque più nulla da dire alla società
odierna. Il cristianesimo, in realtà, sa – nella vera coscienza di sé – di
essere esperienza non di regresso, ma propulsiva, perché capace di proporre
modelli di vita in cui l’esasperazione del consumismo e del liberalismo è
bandita, in vista di uno sviluppo comunitario più equilibrato e più garantista
rispetto alla dignità di ogni persona. Data la gravità dell’ora, la Chiesa –
spinta dalla sollecitudine per la Nazione – fa appello alla responsabilità
della società nelle sue diverse articolazioni – istituzioni, realtà politica e
della finanza, del lavoro e delle sue rappresentanze – perché prevalga il bene
generale su qualunque altro interesse. È necessario stringere i ranghi per
amore al Paese…..” .
Da qui credo si debba partire, concretamente
ma temo che i “se” e i “ma” prevarranno e noi ci chiameremo ancora una volta
fuori. Vorrei non fosse cosi per i nostri figli.